il cinematografo
Il Punto Di Svista Del Cinefilo
American Gods è una serie arrivata alla terza stagione. È possibile vederla su primetv.
Frutto della penna di Bryan Fuller, Michael Green, è tratta dal romanzo dello scrittore Neil Gaiman, autore onirico, oscuro e geniale e per certi versi fanciullesco.
La storia si basa sul conflitto che s’innesca tra gli antichi Dei delle varie culture e civiltà umane ed i nuovi Dei dell’umanità: il denaro, la tecnologia, le armi, Internet, l’egoica apparenza dei social media. La sceneggiatura è avvincente, l’intreccio tiene gli spettatori con il fiato sospeso, i dialoghi sono ironici e divertenti, insomma un bellissimo prodotto formattato secondo i crismi della migliore produzione seriale. Il target è un pubblico adulto o comunque sopra i 18 anni sia per le scene che per i temi trattati, la violenza è un po’ ostentata e volutamente splatter in alcuni casi. Ma l’aspetto più interessante sono i temi trattati. Una prima lettura riguarda gli invisibili. Gli antichi Dei rappresentati non sono super eroi dai fantastici poteri alla Marvel, ma assomigliano molto di più a persone dimenticate, persone che vivono ai margini della società poiché ormai non sono più visti. Esseri umani fuori tempo e fuori valore il cui unico profondo bisogno è quello di essere amati, visti, accolti, venerati. In questo rapporto di amore e venerazione da parte degli uomini, gli Dei passano continuamente il confine sottile tra l’essere artefici della sorte e della felicità delle persone ad essere vittime del loro potere perduto. Sono gli Dei che dipendono dall’uomo per poter essere tali in un ribaltamento che mostra una lettura originale sulla mancanza di punti di riferimento della nostra vita. Il malessere degli uomini è collegato a quello del pianeta e trae la sua energia dalla solitudine. I nuovi Dei alimentando continuamente questa separazione dell’uomo dal suo simile, dell’uomo dalla natura creano una costellazione di monadi ingabbiate nell’intrattenimento e nell’effimero. Gli Dei antichi rispondevano alle richieste umane dettate da sentimenti profondi, la libertà, la gioia, l’armonia, l’amore. La guerra stessa assume un valore positivo, diventa una atto rivoluzionario necessario, la violenza che ne scaturisce è ancestrale ed originaria, semplice perché finalizzata ad uno scopo di liberazione e trasformazione è la violenza stessa della natura nella sua trasformazione è Odino è Kali. L’uomo contrariamente vive in uno stato di perenne violenza, assoggettato da queste nuove divinità che lo manipolano e ne succhiano l’energia vitale distaccandolo sempre più dal grembo del mondo. In questa linea di lettura s’innesca quella direttamente conseguente della vita in conflitto con il controllo. Il rapporto tra Dei antichi e uomini è simbiotico perché vitale per gli uni e per gli altri, mentre quello con le nuove divinità è di schiavismo. World vuole controllare completamente il mondo ed il mondo è tutto il sistema, trasformare la stessa vita in qualcosa di programmabile ed artificiale, l’essere umano è funzionale e sostituibile nella propria identità, basta che ne conservi le funzioni e la tipicità, i suoi collaboratori sono sacchi di carne che assumono sembianze differenti, lui stesso trasforma la propria immagine in un gioco continuo in cui conta solo la comunicazione ed i frame in cui vengono costretti gli eventi. Il libro sicuramente è molto più affascinante e più completo, la produzione televisiva ha dovuto tener conto dell’aspetto commerciale del prodotto. Ne risulta un forma molto sofisticato, ma con un leggero retrogusto di plastica. Nella serie televisiva rimane troppo sullo sfondo la critica al capitalismo neoliberista, ci sono pochissimi riferimenti e poco diretti, interessante è il dialogo tra Wednesdey e Shadow sul denaro come storytelling.
Da vedere con calma.