Bad Luck Banging or Loony Porn

 (Sesso sfortunato o follie porno)

il cinematografo

Il Punto Di Svista Del Cinefilo

Di Claudia Marina Lanzidei

Trama

Emi insegna storia in una prestigiosa scuola media a Bucarest. Un video hard di lei e suo marito finisce inspiegabilmente in rete, provocando l’indignazione dei genitori dei suoi studenti. Emi sarà pertanto sottoposta ad una riunione inquisitoria proprio con i genitori, nel corso della quale dovrà cercare di difendersi da ogni genere di accuse e offese che gettano luce su vari aspetti ambigui della società romena.

Recensione

Il regista romeno Radu Jude, già autore di diverse opere cinematografiche di denuncia politica e sociale tutte incentrate sulla Romania, si aggiudica con questo suo ultimo film l’Orso d’Oro al festival di Berlino. Si tratta di un’opera sicuramente fuori dagli schemi più classici dell’intrattenimento, in cui lo spettatore è messo di fronte a immagini scomode, non di rado scandalose e indomite alle oscenità che mettono in mostra senza alcun filtro, ma a tratti quasi con un velo di ironia. Il tutto non è altro che una provocazione, calcolata dal regista nei minimi dettagli, con la speranza di innescare in chi guarda una riflessione che porti alla luce aspetti infrastrutturali della società ancora più osceni, anche perché normalizzati, e quindi divenuti inconsci.

La tecnica adottata da Jude per perseguire questo fine consiste nell’obbligare lo spettatore ad adottare fin da subito il punto di vista di Emi. Tale scelta porta però il pubblico a sentirsi in imbarazzo, soprattutto nei minuti iniziali del film, in cui il video di Emi e del marito finito erroneamente su internet viene mostrato per intero. Si tratta di istanti lunghissimi, la cui visione risulta a molti sgradevole o perlomeno insolita, e si potrebbe quasi avere il dubbio di aver sbagliato film. Una volta che si è però realizzato che il film è quello giusto, lo spettatore è quasi automaticamente portato a pensare a ciò che vede come a qualcosa di disgustoso e socialmente non accettabile. Questo è però proprio l’intento di Radu Jude, il quale gioca proprio con il senso dell’osceno che determinate immagini sono in grado di trasmettere.
Subito dopo questo incipit, il film prende tutt’altra piega: Emi viene ora ritratta nelle sue parvenze più quotidiane, vestita in tailleur grigio, aspetto curato, con indosso la mascherina chirurgica anti-Covid, mentre è impegnata in un interminabile tragitto a piedi verso la scuola dove insegna. Qui il regista adotta uno stile quasi documentaristico, la cinepresa segue lenta la protagonista, soffermandosi senza fretta su dettagli della città che potrebbero risultare insignificanti a prima vista. Ma è proprio qui che Jude sferra il suo linguaggio denso di simboli. La Bucarest attraversata da Emi quasi fosse un flâneur è una città che non nasconde le sue brutture e ipocrisie, o meglio, non lo fa abbastanza bene da sfuggire a un occhio critico e acuto come quello di Radu Jude. Il lento procedere della macchina da presa richiede però allo spettatore una concentrazione non indifferente, al fine di cogliere la foresta di simboli che permea la città. Ciò che emerge è lo squallore di una città costellata di cantieri, cemento, supermarket, cartelli pubblicitari della Coca Cola, centri scommesse, in quello che potrebbe essere facilmente definito un tripudio del capitalismo. Vi sono poi alcuni dettagli che saltano all’occhio: il cartellone pubblicitario di un centro per culturismo che ritrae uomini palestrati, pezzi di manichini femminili nudi e parzialmente mozzati agli angoli delle strade, una bambina che dando la mano alla madre pronuncia le parole “Ciao ciao centro commerciale, torniamo presto!”, un altro cartellone pubblicitario di un prodotto non ben identificato che ritrae una donna e la vignetta “Mi piace profondo”, un Suv grande quasi quanto un carrarmato parcheggiato sulle strisce pedonali, un rametto che fuoriesce prospero da una spaccatura del cemento. Vi sono poi specifici riferimenti al sesso, che fuoriesce in maniera piuttosto volgare dalla bocca di molte delle persone in cui Emi si imbatte per strada, dalla signora al mercato, all’automobilista arrogante che non vuole togliersi dal marciapiede, all’uomo vestito da coniglio nel negozio di giocattoli.

Nella terza parte del film, la presa di posizione di Jude diventa un tantino più esplicita. Vengono difatti fornite, attraverso immagini e frasi, una serie di definizioni di concetti semplici e noti a tutti (come l’amore e la libertà), ma in chiave ironicamente amara e svuotati di significato, quasi a mostrarne la natura prettamente contraddittoria. Il regista sembra voler colpire in maniera via via più esplicita le fondamenta stesse della società che descrive.
Nella terza ed ultima parte di “Banging luck or loony porn”, infatti, i toni si riaccendono, l’andamento del film si fa di nuovo rapido e in grado di catturare con più facilità l’occhio e la mente dello spettatore. Nel cortile della scuola dove Emi insegna, in un’atmosfera da reality show, seduta su una cattedra al cospetto dei genitori dei suoi alunni e della preside, l’insegnante di storia cercherà, con gli artigli della cultura, di mettere a tacere le accuse che le vengono sputate addosso senza alcun tipo di ritegno o freno inibitorio. È qui che la società romena (nella quale potrebbero identificarsi se non tutte, la maggior parte delle società occidentali), rivela il suo lato più ipocrita e drammaticamente ottuso. I genitori, ognuno dei quali rappresenta un esemplare tipo della fetta di società più agiata (dal militare, alla donna in carriera, al negazionista del Covid-19, al contadino, al pilota di aerei, allo studioso), pur non risparmiandosi dal rivolgersi ad Emi con vocaboli volgari e altamente offensivi e dal commentare il suo gesto come osceno, accusandola di aver scioccato i loro figli, spingono per rivedere il video durante la stessa riunione. La scena in cui il video viene visionato è quantomeno paradossale: addirittura una delle madri lo ha salvato prima che venisse rimosso dalla rete, e in questo modo l’intimità di Emi è nuovamente messa a repentaglio e rivelata senza troppi complimenti a un gruppo di adulti che si autodefinisce perbene, e che nel frattempo fa a gomitate per poter vedere per intero la scena hard. L’espressione sconsolata di Emi in questo momento, inquadrata vicino al tablet che mostra le stesse immagini dell’inizio del film, parla già da sé.

Nel “dibattito” acceso che segue, Emi cercherà invano di difendersi. A nulla però le varrà citare Eminescu, il poeta nazionale romeno, autore anche di versi erotici. La critica nei suoi confronti sarà spietata, e anche la preside sembrerà a tratti esserle ostile. Inoltre, da questo tema cruciale ne emergono via via altri, tutti cari al regista e nervi scoperti della politica e della cultura romena, quali il genocidio degli ebrei durante la Seconda Guerra mondiale, la questione dei rom e degli zingari, gli illeciti compiuti dall’esercito, e via dicendo. Ciò che però più salta all’occhio è probabilmente la normalizzazione e l’accettazione di atti illeciti compiuti dai genitori per accusare Emi, che lei è costretta via via ad accettare, come se le regole sulle quali si fonda la conversazione fossero messe progressivamente a repentaglio e modificate, in modo da inserire elementi normalmente non ammessi. In questo modo Emi cade sempre più nella trappola delle accuse, costretta infine ad accettare una votazione non legale che deciderà le sue sorti lavorative. Fortunatamente il regista – che vede il cinema come arte che può aiutare a guardare il mondo con occhi diversi e afferma di ispirarsi fermamente al neorealismo e soprattutto ad Alberto Rossellini – decide alla fine di conferire ad Emi lo “scettro” della vittoria, con un finale fra il surrealista, lo splatter e il comico, ma incredibilmente efficacie.

Un film difficile da capire e a tratti lento, ma ricco di significati e spunti di riflessione, che merita forse anche due visioni per essere assaporato al meglio, anche se rigorosamente non quando si ha sonno.

Voto: 8.