Ironbank
festa del cinema di Roma
Recensione di Massimiliano Artibani.
Possiamo definirlo un film per padri di famiglia che hanno amato il Ponte delle Spie, questo però in salsa inglese. molto credibile nella recitazione di Benedict Cumberbatch, Angus Wright e Rachel Brosnahan e con la regia di Dominic Cooke ci tiene incollati alla poltrona più per i dialoghi ed il ritmo che per la suspance. Si narra la storia tratta da un fatto vero, che ha visto protagonista un venditore inglese assunto dai servizi segreti per fare il corriere tra L’Unione Sovietica e l’occidente e portare le informazioni fornitegli dal loro Generale a capo del Ministero delle Scienze Penkovsky, l’informatore più di alto profilo che il controspionaggio angloamericano abbia mai avuto. Il periodo è quello della guerra fredda, in particolare siamo alle porte della crisi di Cuba, ma il film più che trattare temi storici o politici si sofferma sul rapporto di amicizia che si forma e lega i due cospiratori. Tutto il conflitto principale si gioca sulla capacità del personaggio inglese, senza nessuna preparazione nello spionaggio, di passare inosservato ai servizi russi e di avere la forza ed il coraggio di portare a termine la missione. La natura degli eventi nella narrazione appare piuttosto scontata, ma quello che tiene e fa presa è la verità degli eventi che racconta. I personaggi sono veri e la loro umanità deve essere stata necessariamente la forza che ha mosso il loro spirito e le loro azioni. Dove ci viene raccontato che l’attività dello spionaggio usa normalmente le persone anche inconsapevolmente, i due personaggi instaurano la loro profonda amicizia sulla sempre maggiore consapevolezza di quello che stanno facendo. Alla fine si arriva addirittura a pensare che senza di loro forse la guerra mondiale sarebbe scoppiata davvero e potrebbe essere stato veramente così. Il film è curato nei particolari e la fotografie è molto coerente sia nelle ambientazioni inglesi che in quelle sovietiche. Molto accattivanti sono i dialoghi che si giocano continuamente tra il detto e il non detto , il conosciuto e lo sconosciuto a volte per lo stesso personaggio, a tal punto che già dopo 10 minuti dall’inizio ci abituiamo a leggere tutti i segnali tra le righe. Il tema dell’umanità che si fonda sui valori fondamentali delle persone più da rivoluzione francese che da boy-scout , cerca di farci riflettere sul senso di un umanesimo più planetario, in cui poi si potrebbe concludere che in fin dei conti sono le persone comuni quelle che nel momento di difficoltà agiscono per il bene comune, più dei governi o della politica spesso accecata da paura e potere. lo stereotipo dell’uomo comune che diventa eroe e che travalica anche la morte perché ha salvato con il suo semplice gesto l’umanità intera funziona, perché la storia non è costruita ed i personaggi non sono gli eroi americani da fumetto, ma uomini normali con mogli e figli da amare. Un altro tema che stimola il film è quello sui molteplici piani di realtà che consapevolmente o inconsapevolmente viviamo. Mentre noi siamo concentrati sui nostri problemi quotidiani, ci sono realtà dove si stanno giocando giochi che implicano cambiamenti per tutta l’umanità, Si innesca spesso questa sensazione di inadeguatezza o incapacità a conoscere o partecipare al gioco dei grandi e rimanere noi piccole persone a continuare a sguazzare nella piscina dove si tocca, ma il film è come se volesse mostrarci che in fondo è solo una questione di coraggio e scelte personali, ma tutti saremmo naturalmente portati a ragionare in termini umani e non solo per noi stessi, anche se il primo istinto potrebbe essere quello.