LES JEUNES AMANTS
DI CARINE TARDIEU
Recensione di Massimiliano Artibani
Shauna, (Fanny Ardant) 70 anni, libera e indipendente, ha messo da parte la sua vita sentimentale. Tuttavia, è turbata dalla presenza di Pierre ( Melville Poupaud), l’uomo di 45 anni che era appena scomparso anni prima. E contro ogni previsione, Pierre non la vede come “una donna di una certa età”, ma una donna desiderabile che non ha paura di amare. Tranne che Pierre è sposato (Cecile De France) e padre di famiglia.
Carine Tardieu è la regista e la sceneggiatrice di questo piccolo gioiello (belga)francese e lo si percepisce dal principio alla fine, in ogni singola inquadratura, in ogni espressione del viso degli attori, ogni particolare è misurato, posizionato al momento giusto, dalle pantofole sotto il letto d’ospedale al principio alla citazione della scena del caffè alla fine, dall’amico di Pierre di origine irlandese che sbatte la testa tornando dal pub sotto al temporale, all’abbraccio tra madre e figlia prima dell’intervento per il papillomavirus. Ogni personaggio è cesellato e risulta chiaro e completo, ma allo stesso tempo vorresti che fosse raccontata una storia su ognuno di loro, perché vorresti continuare a sapere delle loro vite, i loro sentimenti.
Il film è certamente femminile e ci viene raccontato dal punto di vista di Shauna.
Non si tratta di un pregiudizio, ma della comprensione di una sensibilità e profondità che un uomo non avrebbe potuto avere nel raccontare i timori, i bisogni, le incertezze e sensibilità di questo personaggio, una donna che in età avanzata riscopre lo sfarfallio ed i tremori dell’innamoramento, non a caso la sua malattia sarà il Parkinson e la sua più grande paura la paura di perdere l’orientamento della sua personalità.
È stato particolarmente divertente ascoltare il commento della maggior parte degli uomini dai 40 in su, all’uscita della proiezione alla Festa del Cinema di Roma, tutti orientati verso il fatto che fosse inverosimile che un uomo di 45 anni si potesse innamorare di una 70enne.
Che pochezza di spirito!, quella di un bias cognitivo di una generazione che vede nella bellezza esteriore e nella sessualità la base delle relazioni umane, fondate su ostentazione del machismo e del potere, ma ahimè non se ne rendono conto.
Sono invece personaggi che si ascoltano, questi di Carine, personaggi che si raccontano liberamente, consapevoli delle proprie nevrosi e dei propri fallimenti, che cercano di cambiare e di migliorarsi. In ognuno di essi c’è una tensione verso la ricerca della gioia di vivere, aldilà dei drammi della vita stessa. Sono personaggi che combattono per la bellezza, ma la bellezza si nasconde nelle piccole cose e soprattutto nelle profonde relazioni umane.
Il sorriso e gli sguardi di un’anziana Fanny Ardant rappresentano il collante di questa danza d’amore.
Le inquadrature eleganti dei giochi di specchi e delle prospettive nei dialoghi raccontano la bellezza della quotidianità, come le scene notturne nella tempesta in arrivo di Pierre e Shauna che si ritrovano sulla spiaggia cercando il cane, cono supportate da una fotografia naturale e allo stesso tempo perfetta.
È come se in tutta questa storia si volesse ribadire che non esiste l’età come limite per la vita, che finché si respira la stessa aria si vive e vivere vuol dire amare in tutti i modi possibili, lasciandoci trasportare dai venti abbracciandoci e restando vicini. Non a caso il brevissimo riferimento iniziale al covid in una velocissima battuta della figlia di Pierre all’inizio del Film.
Appunto respiriamo tutti la stessa aria e di conseguenza questo ci unisce volenti o nolenti, nel male e nel bene, nella malattia e nell’amore.
Valutazione
4.5/5