di Massimiliano Artibani

Miss Fallaci: Una miniserie che si accende, ma non brucia abbastanza

Con Miss Fallaci, Luca Ribuoli e Giacomo Martelli ci presentano l’affascinante sfida di raccontare la giovinezza e gli esordi della mitica Oriana Fallaci, incarnata dall’inconfondibile Miriam Leone. Ma attenzione, perché se l’ambizione di questa impresa è degna di nota, il risultato finale è come un’intervista mancata: molte promesse, ma poche risposte davvero soddisfacenti.

Fotografia: La vera star

Vladan Radovic, il direttore della fotografia, sembra aver capito tutto e ci regala una palette visiva che profuma di cinema italiano anni ’50: calde tonalità nostalgiche che ti fanno sentire come in una pellicola di Fellini, anche se qui di Dolce Vita ce n’è poca. La luce – questa sì – gioca con le ombre come se volesse raccontarci la complessità del mondo giornalistico e cinematografico, riuscendo dove la sceneggiatura a volte tentenna.

Regia: Funzionale, ma con il freno a mano tirato

La regia di Ribuoli e Martelli è… diciamo “prudente”. Solida e ben costruita, ma di quei guizzi creativi nemmeno l’ombra. Certo, mettere in scena un dialogo tra Oriana Fallaci e Orson Welles suona epico solo a pronunciarlo, ma quando la scena è statica come una vecchia foto di gruppo, capisci che forse c’è qualcosa che non decolla. E che dire della festa a casa di Joseph Cotten? Più che una festa, sembra una di quelle serate in cui non si sa bene cosa fare, e infatti non succede nulla di memorabile.

Montaggio: Liscio, troppo liscio

Il montaggio è scorrevole, va giù come un bicchiere d’acqua, ma manca di quel twist che ti lascia a bocca aperta. Il problema è che la serie sembra essere troppo concentrata sui dialoghi – peraltro un po’ fiacchi – e finisce col sacrificare azione e ritmo. Insomma, qualche sforbiciata qua e là non avrebbe guastato.

Scenografia e costumi: Una macchina del tempo ben oliata

Dove Miss Fallaci trionfa è nella cura dei dettagli. Costumi e scenografie ti trasportano nella New York patinata e nella Hollywood in bianco e nero, con una precisione che farebbe invidia a una guida turistica dell’epoca. E qui non c’è nulla da ridire: il mondo di Oriana sembra autentico, peccato che la sua anima non sia altrettanto esplorata.

Miriam Leone: Grinta c’è, ma è solo l’inizio

Miriam Leone è convincente nel ruolo della giovane Fallaci. Grinta, determinazione, fascino? Ci sono tutti, ma la sceneggiatura non le lascia abbastanza spazio per esplorare davvero le zone d’ombra del personaggio. È come se ci fosse solo la Fallaci-icona, quella che conosciamo già dai libri di storia, ma non la donna complessa che si nasconde dietro la maschera di giornalista. E questo, alla lunga, pesa.

Simbolismo e profondità? Solo sfiorati

Qui si poteva giocare più in alto, e invece il film resta in superficie. Si accenna all’emancipazione femminile, al ruolo della stampa, alla società americana degli anni ’50, ma senza mai scavare davvero. È un po’ come sorseggiare un espresso annacquato: buono, ma non ti lascia quella scossa che ti aspettavi. E poi, dove è finita l’evoluzione intellettuale di Fallaci? In fondo, questa è la donna che ha intervistato i potenti e ha combattuto la guerra delle idee – ma qui sembra solo una giovane cronista alla ricerca di un titolo sensazionale.

Scene chiave: Promesse non mantenute

L’incontro con Orson Welles avrebbe potuto essere un crescendo di tensione e fascino. Invece, ci ritroviamo davanti a una scena fredda e didascalica, dove il mito di Welles resta un po’ ingessato e quello di Fallaci appena abbozzato.

Alla festa a casa di Joseph Cotten, ci saremmo aspettati scintille, gossip e quell’atmosfera hollywoodiana che sa di glamour e segreti. E invece? Solo una cartolina d’epoca, bella ma vuota.

L’intervista a Marilyn Monroe? Anche qui, non aspettatevi un fuoco di artificio. L’incontro tra due donne leggendarie viene ridotto a un confronto fiacco, privo di quella tensione intellettuale e umana che ci si sarebbe aspettati. La complessità di entrambe resta inesplorata, e il risultato è un’occasione sprecata.

Conclusioni: Una bella cornice, ma manca il quadro

Miss Fallaci ha tutto il potenziale per essere una serie memorabile: un personaggio storico affascinante, un’ambientazione suggestiva e attori di talento. Ma, ahimè, sembra accontentarsi di essere una bella cornice senza un quadro che incanta davvero. La recitazione è buona, la ricostruzione storica funziona, ma la sceneggiatura lascia troppo poco spazio alla complessità di Oriana, limitandosi a un ritratto fin troppo “ripulito”. E le riflessioni più profonde? Restano in superficie, come un titolo di giornale che promette molto ma racconta poco.

In definitiva, Miss Fallaci è una serie piacevole, ma non indimenticabile. Come Oriana avrebbe detto: c’è del buono, ma ci aspettavamo molto di più.