il cinematografo
Il Punto Di Svista Del Cinefilo
L’opera diretta da Pietro Marcello si presenta come un tributo assolutamente anticonvenzionale al genio musicale di Lucio Dalla. Il documentario risulta particolarmente efficacie nel far rivivere allo spettatore il contesto storico e sociale in cui il mitico Lucio ha mosso i primi passi, acquisendo via via più riconoscimenti e prestigio per la sua produzione artistica. I decenni di Lucio ritratti nel film (dagli anni ’50 agli anni ’80 circa), scorrono davanti al naso degli spettatori, e sembra quasi di poterli afferrare con le dita.
Per Lucio: la dimensione del ricordo
Uno degli aspetti più riusciti di “Per Lucio” è la scelta registica di adottare una prospettiva incentrata sul ricordo del mitico cantautore bolognese. Oltre che ad immagini di interviste che riprendono un Lucio Dalla giovane che parla di sé, il regista di Martin Eden si basa sul ricordo diretto di due dei suoi più cari amici e collaboratori. Si tratta del suo manager Umberto Righi (detto Tobia), che lo ha seguito fin da quando non era ancora famoso, e del suo amico d’infanzia Stefano Bonaga.
Sullo sfondo di una cena tipicamente bolognese, i due discorrono su Lucio, ognuno portando alla luce le proprie riflessioni. Eppure Lucio non è assente dalle loro conversazioni, anzi è lì con loro, soprattutto quando i due lo prendono bonariamente in giro. Gli stacchi alternati che il regista fa sul primo piano in bianco e nero di un Lucio fra il perplesso e il divertito, mentre i suoi due compagni di vita parlano di lui, ne sono una conferma.
Ciò che viene fuori è un ritratto dell’artista di Piazza Grande carico di intimità, affetto e malinconia, percepibile nonostante i due interlocutori cerchino di nasconderla con l’ironia. I sorrisi di Tobia e Stefano parlano di un Lucio stravagante e imprevedibile nei comportamenti, capace sempre di deludere le aspettative, a tratti fighetto e precisino, ma anche di un Lucio pieno di soddisfazione e felicità per il suo lavoro, di un Lucio sensibile e fattosi da solo, da zero, di un Lucio la cui assenza è un macigno tutt’ora pesante nel cuore di chi lo ha conosciuto.
Il Lucio immerso nel suo tempo, ma anche suo profondo interprete e narratore
Per quanto riguarda l’attenzione per la produzione artistica di Lucio Dalla, Pietro Marcello riesce in maniera azzeccata a creare un ritratto originale di ciò che il cantautore bolognese ha rappresentato dal punto di vista musicale. Il regista non elude dal raccontare le origini dell’opera musicale di Lucio Dalla, e i vari influssi che hanno dato vita alle sue immortali canzoni, a partire dalla sua formazione di jazzista. Anche qui è lo stesso Lucio, giovane, che attraverso diverse interviste in studi televisivi o tra i binari della stazione centrale di Bologna, si racconta.
Si tratta di immagini che trasportano gli spettatori in un viaggio nel passato, in un’Italia diversa e apparentemente finita nel dimenticatoio, ma alla quale i fotogrammi abilmente messi insieme da Marcello donano nuova vita e un vivido ricordo. Si tratta di un’Italia che lo stesso Lucio ha visto cambiare nel tempo, e i cui mutamenti egli è stato eccellentemente in grado di leggere e raccontare.
Importante, a tal proposito, e anche questo si evince in “Per Lucio”, la collaborazione di Dalla con l’intellettuale Roberto Roversi, il quale ha inciso profondamente sull’opera di scrittura del cantautore. Del Roversi descritto da Tobia come un personaggio riservato e amante dei libri, il regista riporta una riflessione, presa da un’intervista, sulla città di Bologna e sul suo cambiamento radicale, durante gli anni ’50, da città strettamente legata al mondo contadino a città che rinnega tale attaccamento, affidandosi al progresso e all’industrializzazione, senza però sostituire nulla alle sue radici identitarie perdute.
Al di là dei brani più celebri
Un altro elemento stilistico e contenutistico di “Per Lucio” è la scelta non scontata dei brani che accompagnano l’opera. Le canzoni sono tutte collegate con le interviste a Lucio, con i racconti che ne fanno Tobia e Stefano, e con le immagini in bianco e nero dell’Italia del dopoguerra, come quelle della Bologna di allora e delle sue strade affollate di cinquecento, o quelle della Mille Miglia del ’47. I materiali selezionati dal regista sulle interviste a Lucio Dalla inoltre ne ritraggono l’immancabile forza espressiva, e sembrano focalizzarsi prettamente sullo sguardo di Lucio, sull’espressione del suo viso e sulla sua profondità.
Pietro Marcello dà a chi guarda la possibilità di ascoltare anche tracce diverse da quelle più comunemente conosciute, in cui sarebbe altresì difficile imbattersi sui canali di streaming musicale più utilizzati oggi. È il caso di “Itaca”, “I muri del ventuno”, “Mambo”, e di molti altri. Si tratta di gioielli uditivi che vale la pena riscoprire, spesso suffragati dalla logica dell’audience, per cui solo i brani più famosi di un cantautore come Lucio Dalla sono facilmente reperibili. Questa probabilmente è una scelta meditata del regista, e per quanto da spettatori ci si possa dispiacere di non ascoltare canzoni amate e sentite mille volte come “Cara”, allo stesso modo ci si stupisce di non aver mai avuto modo di imbattersi in altre bellezze ugualmente preziose.
L’attenzione per il quotidiano e per l’apparentemente insignificante
Il ritratto che il documentario “Per Lucio” compie dell’immortale Lucio Dalla offre agli spettatori anche la chiave per comprendere un’altra grande verità, che va a braccetto con la capacità di Lucio di capire e parlare del suo mondo, ed è in linea con una delle massime dell’artista: “Se non avessi fatto il cantante avrei voluto fare l’imbianchino”. A pensarci bene, ci si rende conto che le sue canzoni lo hanno sempre urlato a gran voce: si tratta dell’attenzione di Lucio per la vita quotidiana, per ciò che è ordinario e apparentemente insignificante, a cui viene data una potenza poetica incredibile.
In un brano come Itaca, ad esempio, Lucio Dalla è capace di rovesciare un punto di vista dominante e fino ad allora assolutamente univoco, dando la possibilità a tutti di vedere le cose da un’altra prospettiva, quella del marinaio di Ulisse, le cui gesta e i cui desideri sono stati perennemente eclissati dalla gloria del suo capitano. Carica di forza espressiva la scena in cui Lucio canta questo pezzo durante un concerto per degli operai.
Questa attenzione per l’ordinario, il subalterno, per ciò che non è necessariamente maestoso o eroico, è un filo rosso nell’opera di Dalla: egli è stato capace di trasmettere il sublime nel quotidiano attraverso note e parole combinate tra loro nel modo giusto. E “Per Lucio” mostra proprio come grazie a questo artista, che sua mamma si lamenta avere la barba e i capelli troppo lunghi, lo squallore è capace di trasformarsi in poesia più della poesia stessa.
Valutazione: *****
“Per Lucio” è un’ottima occasione per scoprire, riscoprire o conoscere meglio chi sia stato Lucio Dalla e cosa abbia rappresentato per il suo tempo. Questi 79 piacevoli minuti di immersione totale nel suo mondo sono capaci di illuminare gli spettatori su vari aspetti della vita dell’artista, prima fra tutte la sua indistinguibile capacità di parlare dell’uomo e della vita in maniera eternamente attuale, mettendone in luce l’immancabile poeticità e bellezza.