Berlinguer, la grande ambizione: un ritratto intenso e sfaccettato
Andrea Segre, con “Berlinguer, la grande ambizione”, ci immerge in un periodo storico cruciale per l’Italia, raccontando la parabola ascendente e la tragica fine di Enrico Berlinguer, leader del PCI. Il film non è una semplice biografia, ma un’indagine profonda nell’animo di un uomo che ha cercato di conciliare ideali comunisti e democrazia, in un contesto politico estremamente complesso.
La forza della recitazione
- Elio Germano è semplicemente straordinario nel ruolo di Berlinguer. La sua interpretazione va ben oltre la mera imitazione, trasmettendo la profondità intellettuale, l’umanità e la determinazione del leader comunista. I suoi occhi, ora pieni di speranza, ora segnati dalla preoccupazione, sono lo specchio di un’anima tormentata dalla responsabilità del potere.
Germano riesce a catturare l’essenza di Berlinguer, la sua pacatezza e la sua serietà, senza mai scadere nel caricaturale. Il suo Berlinguer è un uomo idealista ma consapevole dei limiti della politica, una figura carismatica che, però, vive con un profondo senso di responsabilità morale. I momenti di silenzio e riflessione del personaggio sono forse i più potenti, con Germano che comunica il peso della leadership e della disillusione con sguardi e gesti minimali.
- Paolo Pierobon nel ruolo di Andreotti è un contraltare perfetto. La sua interpretazione è sottile, ironica e al tempo stesso inquietante, sottolineando la complessità di un personaggio chiave della politica italiana.
- Roberto Citran è un Moro intenso e sofferente, un uomo consapevole del precipizio verso cui sta scivolando il paese.
Scene chiave e analisi stilistica
Andrea Segre, noto per la sua sensibilità verso temi politici e sociali, adotta qui un registro sobrio e meditativo. Il suo approccio alla figura di Berlinguer è di grande rispetto, ma non agiografico: mette in luce i successi e le sconfitte, senza idealizzare né demonizzare il protagonista. Segre usa spesso inquadrature fisse e tempi lunghi per creare un’atmosfera contemplativa, in cui lo spettatore è invitato a riflettere sulle scelte politiche ed esistenziali di Berlinguer.
- L’attentato di Sofia: La sequenza iniziale, ambientata a Sofia, è un’introduzione potente. La tensione è palpabile, e l’attacco sottolinea la pericolosità del gioco politico e la minaccia costante che incombe su Berlinguer.
- Il compromesso storico: Le scene dedicate al “compromesso storico” sono cruciali per comprendere la visione politica di Berlinguer e le sue ambizioni. Il regista utilizza un linguaggio visivo sobrio e dialoghi serrati per trasmettere la complessità di questa sfida.
- La morte di Moro: La scena dell’assassinio di Moro è un colpo al cuore. La reazione di Berlinguer, il suo senso di impotenza e di responsabilità, sono resi con grande intensità.
- Il comizio finale: Il film si chiude con un comizio di Berlinguer, un’ode alla speranza e alla lotta per un mondo migliore. La scelta di chiudere in questo modo sottolinea l’importanza del messaggio politico del leader comunista.
Un film che va oltre la biografia
“Berlinguer, la grande ambizione” non è solo un film politico, ma anche un’opera d’arte. La fotografia, la colonna sonora e il montaggio contribuiscono a creare un’atmosfera intensa e coinvolgente. Segre non giudica, ma ci invita a riflettere sulla complessità della storia e sull’attualità delle idee di Berlinguer e sull’attualità dell’agire politico contemporaneo. È un film per le giovani generazioni, per chi non ha conosciuto e non ha vissuto quel periodo storico del nostro Paese. Segre è riuscito a lasciare la nostalgia da parte e a far riflettere su noi oggi.
Dal punto di vista storico, il film offre una rappresentazione accurata degli eventi che segnarono l’Italia negli anni ’70 e ’80. Il compromesso storico, le tensioni con l’Unione Sovietica, e la sfida di mantenere un’ideologia comunista in un contesto di democrazia capitalista sono trattati con precisione, ma il film non si limita alla cronaca: esplora le implicazioni antropologiche della leadership politica.
Berlinguer, come rappresentato nel film, è un esempio di leadership morale, quasi ascetica, in netto contrasto con i leader politici odierni, più pragmatici e spregiudicati. L’antropologia del potere che il film mette in scena è quella di un uomo che cerca di incarnare una visione etica della politica, un “padre” del popolo che, però, finisce per essere isolato dalle sue stesse ambizioni.
Una chiave psicoanalitica
La figura di Berlinguer può essere vista come quella di un uomo diviso tra il suo ideale di giustizia sociale e la realtà politica che lo circonda. Il film sottolinea il senso di frustrazione e di colpa che accompagna Berlinguer nella sua carriera, evidenziando la tensione tra l’Io ideale e l’Io reale. In una scena particolarmente significativa, Berlinguer osserva il suo riflesso in una finestra, un momento che potrebbe essere interpretato come una riflessione sul fallimento di un progetto politico troppo idealizzato e irrealizzabile.
Il suo rapporto con la moglie Letizia è affettuoso ma distaccato, riflettendo la difficoltà di conciliare il ruolo pubblico con quello privato. Potremmo addirittura leggere questo come il conflitto tra le forze dell’Eros (il desiderio di vita e di amore) e del Thanatos (la pulsione di morte, simboleggiata dalla costante tensione politica e dal senso di ineluttabilità del fallimento).
In conclusione
“Berlinguer, la grande ambizione” è un film che merita di essere visto e discusso. È un omaggio a un uomo che ha cercato di cambiare la storia del nostro paese, e un invito a non dimenticare le lezioni del passato.