FELLINOPOLIS
IL NUOVO DOCUMENTARIO DI SILVIA GIULIETTI
Recensione di Claudia Marina Lanzidei
Il documentario di Silvia Giulietti riesce, con le sue immagini inedite, simpatiche, emblematiche e a tratti commoventi, a coinvolgere qualsiasi spettatore, esperto o inesperto che sia, facendogli fare un tuffo nel mondo rocambolesco del maestro Federico Fellini e fornendogli qualche spunto per comprendere, almeno in parte, il suo genio.
Un’occhiata dietro le quinte di Fellinopolis
Si può senz’altro affermare che Silvia Giulietti, regista che da anni collabora con la Libera Università del Cinema di Roma, sia stata molto felliniana (cosa che ammette lei stessa) nell’elaborare il materiale fornitole da Ferruccio Castronuovo. Egli era infatti l’unico ammesso da Fellini a girare sui suoi set per poi farne degli Special, che erano girati di un’ora che parlavano di un film in uscita al cinema (i corrispondenti degli odierni e più brevi backstage), e che venivano proposti una volta sola in Rai al fine di promuovere il film.
La regista ha messo ordine negli scatoloni, in quei materiali apparentemente “di scarto, da buttare” costituiti da code e scene non montate. Una volta digitalizzati, li ha abilmente modellati fino ad assumere la forma di Fellinopolis. Pur avendo a disposizione i dietro le quinte di soli tre film di Fellini, Silvia Giulietti ha fatto un ritratto a tutto tondo di quello che è tutt’oggi considerato il “Faro” del cinema italiano.
In particolare, la regista è riuscita a mostrare agli spettatori l’attenzione di Fellini per i volti e per la loro particolarità non per forza associabile ai canoni socialmente condivisi di bellezza, il suo carattere coinvolgente, a tratti fintamente burbero ed ineguagliabilmente empatico, la sua capacità innata di lettura e descrizione anticonvenzionale della realtà, la sua attitudine verso le donne e la sua estrema attrazione per il circo e per tutto ciò che è onirico e soprannaturale.
La magia e qualche aneddoto del Teatro 5
Lo scenario delle immagini di Fellinopolis è il leggendario Teatro 5 di Cinecittà, set di moltissimi dei film di Fellini, nonché sede di allestimenti scenografici dalla strabiliante complessità ingegneristica. A questo proposito, impressionanti sono le sequenze che mostrano il funzionamento del mare nel film “E la nave va”. “Sono come dei gondolieri”, ha commentato Silvia Giulietti, durante la presentazione stampa del film che ha avuto luogo il 24 maggio presso la Casa del Cinema di Villa Borghese, parlando degli operai addetti a creare le onde.
Va riconosciuta l’abilità della regista nell’alternare ad arte le scene girate da Ferruccio Castronuovo alle interviste da lei condotte ai collaboratori particolarmente cari a Fellini (come Nicola Piovani, lo stesso Ferruccio Castronuovo, Lina Wertmüller, Norma Giacchero e Dante Ferretti) e alle dettagliatissime animazioni realizzate da Luca Siano. I collaboratori di Fellini ne mettono in risalto in primis il rapporto di affetto che era in grado di instaurare con praticamente chiunque, e nonostante il timore reverenziale sia percepibile nel loro raccontare, essi si fanno al tempo stesso testimoni dell’estrema umanità con cui Fellini si relazionava con loro e con gli altri.
Illuminante l’aneddoto di Nicola Piovani, che descrive come una sera rientrando a casa Fellini lo abbia fatto svoltare all’improvviso e quasi perdere in una zona buia e poco raccomandabile di Roma; quando i due si sono trovati davanti una roulotte immersa in uno spazio degradato fra le rovine romane illuminata dalla luna piena, il Maestro avrebbe descritto in maniera sensazionale lo scenario. Ed è proprio dall’acuta osservazione della realtà – e questo è uno dei messaggi di Fellinopolis – che Fellini si ispirava, alimentando energicamente non solo la sua creatività, ma anche quella delle persone intorno a lui.
Le animazioni surrealiste di Fellinopolis
Le animazioni che fanno capolino qui e lì nell’opera sono un tentativo vincente di trasmettere la creatività sempre attiva che caratterizzava Fellini, e che si nutriva della realtà e di tutte le sue bizzarrie, più o meno evidenti. Le animazioni, così ha affermato orgogliosamente la regista, rappresentano un valore aggiunto per il film, un fiore all’occhiello, capaci di descrivere in maniera differente dal solito ma quanto mai efficace la complessità del pensiero e delle idee del regista.
Queste animazioni, le cui forme rammentano quasi i quadri fantastici e grotteschi del fiammingo Bruegel, accentuano in Fellinopolis quel retrogusto soprannaturale, giullaresco e in un certo senso magico, che le immagini dell’autore degli Special già trasmettono alla perfezione.
Durante l’evento di presentazione del film, Silvia Giulietti ha rivelato l’estrema minuzia con cui queste animazioni sono state ideate; esse sono infatti delle vere e proprie mini-sceneggiature, in cui nulla è lasciato al caso. Basti pensare che la bara che vola nella scena del funerale è stata fatta coi pezzetti dei costumi dei preti del film “Roma”.
Un funerale semi-animato
Il funerale di Fellini, il cui inserimento all’interno di Fellinopolis è stato messo in discussione, rappresenta invece per la regista un elemento fondamentale. A parte il fatto che è stato anch’esso ripreso da Ferruccio Castronuovo, tale sequenza è ancora più importante se accostata all’animazione che la completa. Essa è infatti basata su un sogno che l’addetto agli Special avrebbe fatto subito dopo il vero funerale di Fellini, in cui quest’ultimo si sarebbe lamentato delle fattezze dell’evento, descrivendogli come invece gli sarebbe piaciuto che fosse stato.
L’animazione si basa quindi proprio su quest’esperienza onirica di Ferruccio Castronuovo, ed è in parte testimonianza del fatto che molti di coloro che avevano a che fare con Fellini erano soliti sognare molto ed essere poi interrogati dallo stesso Fellini sui propri sogni: anche questi difatti alimentavano la sua inesauribile vena creativa.
Fellinopolis: dall’idea in poi
L’opera cinematografica finita di Silvia Giulietti è stata, a detta della stessa regista, un progetto pensato e riposto nel cassetto per molti anni. La regista, che è anche autrice di documentari su Visconti e Montaldo, si è riferita al suo lavoro con estrema modestia, affermando di aver aspettato ben tredici anni (dal 2007) prima di decidersi ad utilizzare il materiale fornitole da Ferruccio Castronuovo, tempo in cui ritiene di aver sviluppato una maggiore maturità a livello registico e dimestichezza col tema.
Il centenario della nascita di Fellini ha rappresentato sicuramente un pretesto importante per decidersi a dare forma al materiale che era nelle sue mani e che rappresentava, secondo lei, l’unica opportunità di dire e vedere qualcosa su Fellini che non fosse già stato detto. La sua filosofia registica risiede nel fatto di far parlare quelli dietro la macchina da presa, con uno stile lineare (basato su sequenze di fotografie, interviste e altro materiale d’archivio), ma capace di trasmettere un sentore di quello che doveva essere.
L’occasione per una lacrimuccia
L’efficacia del film Fellinopolis sta proprio nel suscitare, per la durata di un’ora e mezza, una certa quantità di emozioni nello spettatore. La potenza delle immagini girate sui set di Fellini sono sicuramente un elemento essenziale affinché si trasmetta questo pathos, ma la capacità della regista nel combinare immagini, interviste, ed elementi di animazione ha fatto sì che alcuni momenti del film, soprattutto per alcuni, potrebbero risultare commoventi.
Silvia Giulietti descrive come momento per lei più emozionante la scena in cui Fellini dà il benvenuto ad un rinoceronte di dimensioni reali. Con le parole della regista, Fellini “gli offre protezione e casa, e infatti nel montaggio c’è lo sguardo diretto del rinoceronte con l’occhio che lo guarda, e lui sotto che lo riceve”. Lei stessa ha ammesso che ogni volta che riguarda Fellinopolis si allontana dal centro della produzione, avvicinandosi sempre più allo spettatore.
Fellinopolis lascerà qualcosa a qualunque spettatore, che si tratti di un pianterello un po’ più spinto se davanti allo schermo c’è qualcuno che ha visto i film di Fellini al cinema quando era ragazzo, o di uno slancio di curiosità e voglia di immergersi più in profondità nell’universo Felliniano se chi guarda è giovane oggi e non ha ancora potuto conoscere appieno le opere dell’intramontabile regista del Teatro 5.