Stardust
festa del cinema di Roma
Non si tratta di una biografia celebrante di una star, non è stato presentato come il film su Freddie Mercury e i Queen o quello su Elton John, Stardust ci racconta invece, i dubbi, le paure, i fantasmi di un giovane artista ancora inconsapevole della potenza comunicativa del proprio talento e irretito dalla sua più grande paura. Siamo nell’Inghilterra dei primissimi anni settanta e David Robert Jones ha già pubblicato i suoi primi due album, ma non riesce a sfondare a livello planetario. Il suo più grande desiderio è quello di sfondare in America e diventare una vera star, ma in America non lo capiscono e soprattutto non lo recepiscono come autentico e quindi lui cerca di convincere il suo manager ad organizzargli un tour oltreoceano per lanciarlo. Il Tour in realtà non esiste, Un agente di cuore ma scalcinato della Mercury cerca di organizzargli dei live improbabili ed ottiene anche l’intervista per la rivista Rolling Stone, ma è tutto un buco nell’acqua, il ragazzo viene visto come finto, come un inglese viziato in cerca dell’effetto alternativo, un fake, non un vero artista. Indubbiamente David ci mette del suo, lui in Inghilterra, vive come una giovane star viziata, super protetto e controllato dalla sua compagna e da un circo fatto di presunti amici, presunti artisti, presunti poeti alternativi. Negli States si scontra con questa realtà e con l’emergere del suo mostro interiore. Tutto il film si dipana su questo conflitto interiore, David ha paura di mostrare il suo vero volto, perché il nostro David ha paura di essere pazzo, schizofrenico per la precisione. Questo terrore gli deriva dal trauma di aver visto internare suo fratello più grande, cui lui era molto affezionato e soprattuto dall’aver introiettato una paura della madre che risuona in lui come un anatema: Il fatto che ci sia un seme malato all’interno dei membri della famiglia, il seme della follia; lo è il fratello, lo erano le sorelle della madre con cui il fratello è cresciuto, di conseguenza crede che ci sia anche in lui. Il tema è quello del viaggio che trasforma l’animo umano e fa ritrovare se stessi. iI nostro eroe deve affrontare questo mostro, ma prima deve rendersi consapevole di voler accettare il compito. La spinta nasce da questo sentirsi diverso dal mondo, dal prendere sicurezza in se stesso ed il suo messaggero in questo è il produttore americano, che ha fatto una scelta di cuore nel prendersi la briga di portarlo in giro e cercare di farlo sfondare, perché la sua fiducia è autentica ed istintiva. Crede in David anche di più di quanto David creda in se stesso. La compagna potrebbe essere la sua risorsa, ma in realtà è mutaforme, lei si sente pari a David e spera di raggiungere la propria luce e ribalta per riflessione.
Si potrebbe anche definire un film formativo, per tutti quei giovani artisti che vorrebbero emergere e che devono trovare la propria voce nascosta. Johnny Flynn è molto credibile nella parte di David Bowie e la regia di Gabriel Range è chiara e con un ottimo ritmo, anche la fotografia riproduce lo stile anni settanta. Il film non racconta solo una storia, ma ci lascia anche una riflessione interiore: quanto ciò che crediamo di noi stessi ci condiziona nel tirare fuori la nostra vera natura ed il nostro vero spirito. David affrontando questa paura e decidendo di dare luce a tutte al sue fantasie ha mostrato al mondo la sua autentica essenza ed è questa che ha colpito ed è rimasta nel tempo.
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