Supernova
festa del cinema di Roma
Nell’essere umani, fino al profondo della propria anima, c’è una soglia da varcare, un punto da raggiungere, dove il dolore si fa intenso ed il cuore ci scoppia e siamo costretti a metterci a nudo, a raccontare il nostro segreto più intimo. Nella relazione d’amore continuamente siamo sollecitati a varcare questo limite affinché essa diventi autentica e a volte, provare un grande dolore può essere la chiave di volta della trasformazione. In questo film il regista Harry Macqueen, al suo secondo lungometraggio, ci prende per mano e ci porta in punta di piedi all’interno della quotidianità di questi due uomini, Colin Firth: Sam e Stanley Tucci: Tucker. Sono una coppia da anni, il primo è un pianista un tempo famoso, uscito un po’ dalle scene per prendersi cura del suo amore, lo scrittore Tucker in crisi per la propria malattia, la demenza che lo sta portando sempre più verso l’oblio. I due decidono d’intraprendere un viaggio in caravan, memoria della loro giovanile ed innamorata spensieratezza per salutare amici e parenti. La scusa che ha permesso a Tucker di organizzare il tutto è il ritorno sulla scena di Sam a cui è stato chiesto di fare un concerto. Ambedue però nascondono un segreto l’uno all’altro ed infatti la prima inquadratura del regista che ci mostra i nostri due in viaggio è di spalle, nel caravan, noi siamo in viaggio con loro, come se fossimo testimoni, come se fossimo il loro cane che li accompagna, senza giudizio e senza invadenza. Piano piano li osserviamo venire allo scoperto e piano piano ci innamoriamo del loro amore, delle loro fragilità, del loro viaggio verso il disvelamento di se stessi, il loro mettersi a nudo. Emblematica è l’immagine silenziosa di loro abbracciati nudi nel letto al mattino. In questo film tutto scorre lento ed inesorabile, rappresentando il tempo e la vita stessa nella sua necessità, ma lo sguardo della solitudine che si percepisce ha un suo sfogo naturale verso il cielo, verso l’infinito. Tucker ha insegnato a guardare le stelle a Sam che cerca sempre di non perdere di vista la sua stella polare, mentre alla nipote racconta che siam fatti della materia delle stelle (argomento shakespeariano) e soprattutto la invita a non perdere mai la meraviglia e la curiosità “può esistere la mancanza di meraviglie, ma mai smettere di meravigliarsi” Le immagini della natura fanno da cornice perfetta e perfetta didascalia al racconto
Attraverso il dramma che si consuma impercettibilmente nella scansione del tempo del rapporto d’amore di questi due uomini, noi viviamo il nostro senso di solitudine, la nostra paura della morte e in tempi come i nostri di distanziamento sociale e diluizione tecnologica della nostra identità ritroviamo nella loro semplice storia l’importanza profonda del corpo nella sua nudità vera e metaforica e la sensazione profonda dell’abbraccio.
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