The jump
festa del cinema di Roma
Domandiamoci Cosa è la libertà, ma non la libertà in quanto azione nei confronti della società ho delle altre persone, sarebbe come a dire domandarci dove inizia e dove finisce la nostra libertà in confronto a quella degli altri; Qui invece ci domandiamo di più, dove sta la percezione della nostra libertà, In che consiste sentirsi veramente liberi, individualmente. Guardando il documentario the Jump, attraverso la storia di questo marinaio lituano Simas Kudirka noi non vediamo solo la storia personale di questo uomo, ma più ci addentriamo nelle pieghe della narrazione di ciò che è veramente accaduto e più ci rendiamo conto che c’è qualcosa di più grande, intessuto nella vita quotidiana di molte persone e che potrebbe definire il concetto stesso dell’essere cittadini. La storia è apparentemente semplice e molto drammatica allo stesso tempo. Negli anni ’70 si tennero dei colloqui sui diritti di pesca nell’atlantico tra Stati Uniti ed Unione Sovietica, eravamo in piena guerra fredda e l’episodio ebbe una rilevanza molto importante dal punto di vista politico. Non si trattava solo di un incontro per accordi commerciali, era il confronto tra due nemici storici, tra due ideologie contrapposte, delle quali, alla luce di tutti i fatti storici susseguitisi noi oggi sappiamo bene l’una vincente e l’altra perdente. Durante questi colloqui il nostro marinaio ad un certo punto decise di fuggire, disertare, saltando dalla nave sovietica a quella americana, una volta atterrato sul ponte della nave della guardia costiera americana si consumò il dramma. Gli ufficiali americani cercarono di nascondere il fuggitivo, ma a bordo c’erano ancora gli ufficiali russi, i quali venendo immediatamente a conoscenza della situazione si rifiutarono di scendere senza il loro marinaio, allora il comando americano ordinò di riconsegnare Simas ai sovietici, ma gli ufficiali della nave in un primo momento si rifiutarono sapendo a cosa sarebbe andato incontro. Alla fine dovettero capitolare e il povero marinaio lituano fu preso con la forza, malmenato e riportato a bordo del mercantile sovietico. In seguito, in patria, fu dichiarato nemico del popolo e condannato a vent’anni di carcere da scontare in terribili prigioni siberiane. Questo in realtà è solo l’inizio della storia. L’evento venne a conoscenza dei media i quali rilanciandolo generarono un dibattito che piano piano crebbe e sfociò in manifestazioni popolari di richiesta d’intervento del Governo americano al fine di ottenere la liberazione del povero Simas Kudirka, Attraverso la scansione lineare degli eventi ed attraverso il punto di vista di Simas stesso e del suo raccontare, noi spettatori, cominciamo a subire un lento ribaltamento di prospettiva in un viaggio che fa sorgere dentro di noi domande sul senso della libertà stessa. Indubbiamente la libertà di protestare, manifestare e da parte dei media di sollecitare l’opinione pubblica e i rappresentati politici sul tema, ci pone su una posizione molto occidentale, in Unione Sovietica sicuramente tutto questo non sarebbe stato possibile, ma ad un certo punto ci rendiamo conto di come la politica stessa cominci a strumentalizzare il fatto per mettere in moto la macchina del consenso e manipolando inconsciamente gli stessi cittadini trasformi il racconto di fronte agli spettatori del mondo e questo diventi tutt’altro in confronto al suo protagonista, a colui che lo ha vissuto in prima persona. La Storia vera vuole che la comunità lituana in America scopri che la mamma di Simas fosse cittadina americana e quindi lo stesso Simas fosse nato su territorio americano, di conseguenza gli Stati Uniti ne chiesero la liberazione e lo fecero venire sul loro territorio con tutta la famiglia.
Simas Kudirka fu accolto come un eroe, ospitato a cene, intervistato in televisione, invitato ad eventi pubblici, fu mandata in onda anche una serie televisiva della sua storia, poi quando non fu più utile al sistema per la propria celebrazione e superiorità nei confronti del nemico russo, fu abbandonato a se stesso. In realtà viveva in un appartamento sotto il livello stradale, faceva solo lavori umili perché immigrato, insomma con le difficoltà di ogni povero ultimo della nostra società iperconsumistica e capitalistica. Attenzione però, la regista non vuole dare nessun giudizio su tutto questo che vi sto dicendo. Il racconto è sempre dal punto di vista di Simas, lui, ci dice di essersi trovato male, e di essere tornato in Lituania dopo la liberazione del paese dai russi, lui oggi è povero e libero nella sua terra. Anche le scelte dei cittadini americani che lo hanno aiutato, sono scelte individuali, umane, libere, sincere per aiutare un concittadino in difficoltà. E’ come se un discorso sottovoce si facesse lentamente strada, scorrendo le immagini: la libertà è una percezione personale e quando un sistema si appropria di questo concetto per farne un feticcio, una bandiera è allora che tutto si contamina e diventa strumentale.
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