Parthenope: Un’Odissea Napoletana tra Luce e Ombra
Grazie Paolo!
Paolo Sorrentino torna a Napoli con “Parthenope”, un’opera che trascende la semplice narrazione biografica per divenire un affresco lirico e malinconico sull’esistenza umana. Attraverso la protagonista, che porta il nome antico della città, il regista esplora il fluire del tempo, l’ineluttabilità del destino e la ricerca di un senso in un mondo in perenne mutamento. Inoltre racconta questa città in maniera sublime. Il cinema di Sorrentino ci mostra senza pudore il solco, ormai diventato un baratro, irreversibile tra la sensibilità e consapevolezza di pochi in confronto alla pochezza ed ignoranza dei molti che ostentano la loro verità ricoprendo ruoli di potere e comando nella desolazione e abbandono quotidiano del nostro Paese. È un film pieno d’amore per l’essere umano, la politica ce la metto io, poichè Sorrentino, non solo cercando l’uomo, ma trovandolo ci mostra spietatamente quanto sempre più spesso siamo lontani da esserlo.
Un’epopea intima:
Sorrentino abbandona i toni grotteschi e caricaturali di alcune sue opere precedenti per adottare uno stile più introspettivo e delicato. La macchina da presa di Daria D’Antonio, con la sua fotografia satura e avvolgente, cattura la bellezza decadente di Napoli, tra vicoli ombrosi e scorci di luce abbagliante, creando un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà.
La sinfonia del tempo:
Il montaggio di Cristiano Travaglioli, frammentato e non lineare, scompone e ricompone il tempo, seguendo i salti temporali della narrazione con eleganza e fluidità. Il passato e il presente si intrecciano, creando un senso di continuità e di ciclicità, sottolineando come le esperienze, gli amori e le delusioni di Parthenope siano tasselli di un mosaico esistenziale in continua evoluzione.
Simbolismo e allegoria:
Sorrentino dissemina il film di simboli e allegorie, invitando lo spettatore a una lettura stratificata e personale. Parthenope, nome che rimanda alla sirena fondatrice di Napoli, non è una creatura mitologica, ma una donna in carne ed ossa, simbolo della città stessa, con le sue contraddizioni, la sua vitalità e la sua malinconia. Il mare, onnipresente, diviene metafora del tempo che scorre, inghiottendo ricordi e speranze.
L’ermeneutica dell’anima:
Il film si presta a molteplici interpretazioni. Si può leggere come una riflessione sulla condizione femminile, sulla ricerca dell’identità e dell’amore, o come un’indagine sulla natura umana, sulla fragilità e sulla forza di fronte alle avversità. Sorrentino non offre risposte univoche, ma solleva interrogativi, stimolando una riflessione profonda sul senso della vita.
Interpretazioni sfumate:
Celeste Dalla Porta, nei panni di Parthenope, offre un’interpretazione intensa e sfaccettata, capace di trasmettere la complessità emotiva del personaggio. Gary Oldman, in un ruolo chiave, regala una performance misurata e toccante.
Scene chiave:
Tra le scene più significative, l’incontro di Parthenope con il suo grande amore (interpretato da un intenso Alessandro Borghi) sulla spiaggia di Capri, carico di passione e presagi; il confronto con la madre (una straordinaria Valeria Golino) nel quale emergono i conflitti generazionali e il peso del passato; la scena finale, aperta a molteplici interpretazioni, che lascia lo spettatore sospeso tra speranza e rassegnazione.
Conclusioni:
“Parthenope” è un film complesso e affascinante, che conferma il talento visionario di Sorrentino. Un’opera che richiede allo spettatore di immergersi nelle sue atmosfere rarefatte, di lasciarsi trasportare dal flusso delle immagini e delle emozioni, per coglierne la poesia e la profondità.
Note:
- La colonna sonora, come sempre nei film di Sorrentino, gioca un ruolo fondamentale, creando un tappeto emotivo suggestivo.
- Il film è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2024, ricevendo il premio per la migliore regia.